Meccanismi naturali implicati nella regolazione giornaliera e stagionale della riproduzione



MECCANISMI NATURALI IMPLICATI NELLA REGOLAZIONE GIORNALIERA E STAGIONALE DELLA RIPRODUZIONE


Angelo Cagnacci, Chiara Alessandrini, Simona Caretto, Marianna Cannoletta, Annibale Volpe


Introduzione
L’ambiente che ci circonda modifica costantemente le sue caratteristiche in maniera ciclica e ripetibile. Basti pensare alle continue e cicliche modificazioni ambientali che si hanno nell’arco delle 24 ore con l’alternanza ed il passaggio tra il giorno e la notte, o alle cicliche modificazioni che si hanno nell’arco dell’anno, con l’alternanza delle stagioni. L’adattamento all’ambiente ed alle modificazioni ambientali rappresenta un meccanismo evolutivo essenziale per la sopravvivenza di ogni specie animale. Per meglio adattarsi a queste modificazioni ambientali, piante e animali hanno sviluppato ritmicità intrinseche anticipatorie delle variazioni ambientali. Nei mammiferi il ruolo di governare questa ritmicità è stato relegato in un nucleo nervoso, il nucleo soprachiasmatico dell’ ipotalamo. Questo nucleo ha un’attività di scarica elettrica con una ritmicità di circa 24 ore. Tale ritmicità attraverso varie vie efferenti è trasmessa a tutte le cellule dell’organismo, che modificano la propria funzionalità di conseguenza. In questo modo si crea un ritmico sincronismo tra tutte le funzioni biologiche dell’organismo. Ovviamente, il ritmo del nucleo soprachiasmatico deve essere sincrono con le condizioni ambientali esterne, in modo tale che il ritmo anticipatorio interno coincida con la condizione ambientale esterna (per esempio propensità la sonno con le ore notturne). In effetti, l’attività del nucleo soprachiasmatico è sincronizzata alle condizioni ambientali dalle informazioni luminose che percepite da strutture retiniche, non deputate alla visione, lo raggiungono attraverso il tratto retino-ipotalamico (1). Alcuni individui ciechi, in cui il danno retinico coinvolge anche le strutture deputate a percepire gli stimoli luminosi per il nucleo soprachiasmatico, soffrono di un mancato sincronismo tra i ritmi biologici interni e le condizioni ambientali esterne con la continua comparsa di sintomi da desincronizzazione, che gli individui normali percepiscono solamente per alcuni giorni dopo voli transcontinentali (jet-lag). Modificazioni dell’esposizione alla luce conseguenti al variare della durata del giorno (fotoperiodo) vengono inoltre lette dal nucleo soprachiasmatico per indurre una ritmicità stagionale alle funzioni biologiche dell’organismo. Se queste modificazioni che ottimizzano la spesa energetica e le funzioni biologiche sono in ultima analisi importanti per la sopravvivenza di ogni singolo individuo, lo sono ancora di più per la sopravvivenza di ogni singola specie animale.Per questo motivo esistono ritmi giornalieri e stagionali nella riproduzione che ogni singola specie animale segue per ottimizzare le sue capacità riproduttive e garantirsi un efficace continuazione. La specie umana, come tutte le altre specie, segue queste ritmicità che in verità sono poco studiate e misconosciute, soprattutto in campo riproduttivo. Tuttavia l’intrinseca importanza di queste ritmicità potrebbe essere evidente già ad una grossolana osservazione delle nostre funzioni riproduttive se si considera che il ciclo mestruale della donna dura in media 28 giorni, cioè esattamente un ciclo lunare, e la gravidanza 280 giorni, cioé 10 mesi lunari. In questo articolo saranno riassunte le evidenze che al momento si hanno sul ruolo che i ritmi giornalieri e stagionali giuocano nelle varie fasi della vita riproduttiva, con particolare riguardo alla vita riproduttiva della specie umana.

Melatonina come trasduttore biologico delle condizioni ambientali.
Studi nelle varie specie hanno dimostrato che gran parte delle influenze ambientali sulla riproduzione delle varie specie animali dipende da variazioni della temperatura ambientale e del fotoperiodo (ore di giorno/ore di notte)(2). I meccanismi attraverso i quali la temperatura influenza i fenomeni riproduttivi non sono stati ancora ben definiti, mentre è stato accertato con sufficiente chiarezza che il meccanismo che media l’azione del fotoperiodo è soprattutto rappresentato da modificazioni della secrezione notturna di melatonina.
La melatonina è prodotta dalla ghiandola pineale con un ritmo circadiano (ritmo di circa 24 ore). La sua secrezione è controllata dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo e avviene attraverso una stimolazione sui recettori beta adrenergici localizzati nella ghiandola pineale (Fig. 1). La ghiandola pineale rilascia la melatonina sia nel liquido cefalo-rachidiano, che nel sangue. Il liquido cefalo-rachidiano rappresenta il veicolo principale attraverso cui la melatonina raggiunge l’ipotalamo e le strutture cerebrali, mentre il sangue rappresenta il veicolo principale attraverso cui la melatonina raggiunge tutti gli organi periferici. In condizioni fisiologiche la secrezione di melatonina è confinata alle ore notturne, in quanto l’attività del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo è sincronizzata al ritmo giorno/notte dalle informazioni luminose, che le arrivano dalla retina attraverso il tratto retinoipotalamico. L’esposizione alla luce alterando l’attività del nucleo soprachiasmatico inibisce rapidamente la secrezione di melatonina. La produzione notturna di melatonina pertanto si accorcia in presenza di un lungo fotoperiodo quando la luce del mattino ne inibisce precocemente la secrezione e la luce della sera ne rallenta l’inizio della produzione. Al contrario nelle stagioni con un fotoperiodo breve la secrezione notturna di melatonina si allunga. Sono proprio queste modificazioni nella lunghezza della produzione di melatonina, che forniscono il segnale in grado di influenzare la riproduzione animale e probabilmente umana. La variazione del segnale, veicolato dalla secrezione notturna di melatonina, non dà però origine a delle risposte univoche in tutti gli animali, ed effetti diversi, anche opposti, possono verificarsi in specie animali differenti (3). Un allungamento del segnale è, pertanto, letto in senso inibitorio, da alcune specie di roditori come gli hamsters o i topi, e in senso stimolatorio da altre specie, come le pecore o le scimmie a riproduzione stagionale (Fig. 2).

Regolazione dello sviluppo puberale
Nelle specie di mammiferi a chiara riproduzione stagionale, lo sviluppo puberale è fortemente influenzato dal fotoperiodo (2). Ad esempio in alcuni roditori a riproduzione stagionale la pubertà si avvia nel periodo estivo, quando cioè ci sono molte ore di luce ed una breve secrezione notturna di melatonina, ed è invece inibita durante i mesi invernali, quando è presente un corto fotoperiodo ed una prolungata secrezione di melatonina. Benchè un segnale di melatonina molto lungo inibisca lo sviluppo puberale, il mantenimento di un certo segnale notturno di melatonina tipico del lungo fotoperiodo è importante per lo sviluppo puberale. Infatti, in queste specie, l’abolizione del breve segnale notturno di melatonina, mediante asportazione della ghiandola pineale, blocca lo sviluppo puberale. Negli animali pinealectomizzati, tuttavia, si riesce ad indurre nuovamente la pubertà con la somministrazione per 4-6 ore al giorno di melatonina. Vari studi indicano che, anche in quei mammiferi che non hanno una stretta riproduzione stagionale, il fotoperiodo e la melatonina possono influenzare il processo di sviluppo puberale. Ad esempio lo sviluppo sessuale dei ratti di laboratorio è influenzato dalle ore giornaliere di luce e dalla produzione di melatonina. Un fotoperiodo corto con un prolungato segnale di melatonina contrasta lo sviluppo puberale. Al contrario, di quanto avviene nei ratti, nelle pecore ed in alcune scimmie, la prima ovulazione si manifesta nei mesi autunnali o invernali con l’accorciamento del fotoperiodo e con l’allungamento del segnale della melatonina. Anche in queste specie la pinealectomia inibisce lo sviluppo puberale, che è ripristinato dalla somministrazione di melatonina.
Non ci sono informazioni relative all’influenza delle stagioni sullo sviluppo puberale della specie umana. La possibilità che la ghiandola pineale possa influenzare lo sviluppo sessuale negli esseri umani, è stata proposta per la prima volta alla fine del 1800, quando fu osservata una condizione di pubertà precoce in un ragazzo affetto da un tumore della ghiandola pineale. Quest’osservazione fu poi estesa da ulteriori osservazioni indicanti un’associazione tra tumori destruenti della ghiandola pineale e pubertà precoce, e viceversa, un’associazione tra tumori iperattivi della ghiandola pineale e pubertà ritardata. Tuttavia, non ci sono chiare evidenze che tumori della ghiandola pineale si associno ad elevati livelli di melatonina, e più recentemente casi di pubertà precoce associati a tumori della ghiandola pineale sono stati spiegati con la capacità di questi tumori di produrre beta-HCG. I sostenitori di un ruolo inibitorio della melatonina sullo sviluppo puberale hanno enfatizzato che, i livelli giornalieri di melatonina tendono a diminuire progressivamente dall’infanzia verso l’età adulta. Tuttavia, non vi è nessuna modificazione improvvisa dei livelli plasmatici di melatonina in età puberale, e il decremento dei livelli circolanti è spiegato dal fatto che aumentando la massa corporea la melatonina prodotta in eguale quantità si diluisce in un volume progressivamente maggiore (4). D’altra parte, studi svolti in pazienti affetti da pubertà precoce o tardiva non sono riusciti a dare delle risposte precise. E’ noto tuttavia che lo sviluppo puberale è preceduto da un aumento della secrezione notturna di LH. Sebbene un aumento notturno della secrezione di LH sia imputato al sonno, evidenze sperimentali hanno dimostrato la capacità della melatonina di amplificare la risposta dell’LH al GnRH nei ragazzi in sviluppo puberale (5), e, durante la fase follicolare precoce del ciclo mestruale, di aumentare l’ampiezza dei picchi di LH sia spontanei (6)(Fig. 3), che stimolati dal GnRH (7)(Fig. 4). E’ possibile pertanto, che l’aumento notturno di melatonina possa favorire l’inizio della pubertà, solo nel momento in cui l’asse riproduttivo diventi sensibile alla sua azione modulatoria. Questa possibilità è in accordo con i dati osservati nei primati, in cui lo sviluppo puberale è ritardato dalla pinealectomia e ristabilito dalla restaurazione di un appropriato segnale giornaliero di melatonina (2).
In conclusione, i dati ottenuti negli animali indicano che un corto fotoperiodo con una prolungata produzione di melatonina stimola la comparsa della pubertà nelle pecore e nelle scimmie e, viceversa, la inibisce nei roditori. Anche nelle specie in cui, un corto fotoperiodo ed una prolungata secrezione notturna di melatonina sono inibitori per la riproduzione, una corto segnale di melatonina prodotta nelle brevi notti, è necessario per lo sviluppo puberale. I dati sugli esseri umani non sono conclusivi ma alcune evidenze indirette suggeriscono che la melatonina contribuisca allo sviluppo puberale stimolando la secrezione notturna di LH, una volta che l’asse riproduttivo ha raggiunto il giusto grado di maturazione.

Regolazione giornaliera dei meccanismi riproduttivi femminili e maschili
Riproduzione Femminile
Tra gli animali che hanno un ciclo ovulatorio la fase follicolare (durante la quale c’è una progressiva maturazione del follicolo) e quella preovulatoria, hanno comuni meccanismi, nonostante l’esistenza di alcune differenze. In alcune specie come i conigli, gli uccelli e i gatti, l’ovulazione non avviene senza la stimolazione indotta dall’accoppiamento e la fase follicolare termina con la degenerazione dei follicoli. In altre specie come i topi e gli hamsters l’ovulazione è presente, ma se non avviene l’accoppiamento il corpo luteo degenera immediatamente. C’è poi un terzo gruppo, invece, che comprende pecore, scimmie e anche gli esseri umani, nel quale l’ovulazione spontanea è seguita dalla formazione di un corpo luteo completamente funzionante che persiste per 6-15 giorni. Se non avviene la fecondazione, il corpo luteo degenera, ed inizia un nuovo ciclo ovulatorio. L’ovulazione, non indotta dall’accoppiamento, è preceduta da un picco preovulatorio di LH. Nel ratto, animale notturno, il picco preovulatorio è strettamente sincronizzato alle prime ore del pomeriggio. Studi sperimentali hanno evidenziato che questo sincronismo è mantenuto dalla secrezione di melatonina della notte precedente (8). Nella specie umana, ad attività diurna, il picco preovulatorio dell’LH avviene più frequentemente nelle ore notturne con una massima probabilità alle 3 del mattino (9). E’ interessante notare, che la frequenza massima del picco preovulatorio è localizzata nella fase in cui la melatonina si trova alle sue maggiori concentrazioni. Studi sperimentali, eseguiti durante la fase follicolare, hanno dimostrato che la somministrazione di melatonina è in grado di aumentare l’ampiezza dei picchi spontanei dell’LH (6) (Fig. 3) e di amplificare la risposta dell’ LH a stimoli fisiologici di GnRH (7) (Fig. 4). E’ possibile pertanto che, durante la notte la secrezione di melatonina rappresenti uno stimolo circadiano alla secrezione di gonadotropine, che, è trasformato in un picco preovulatorio di LH in presenza di critici livelli di estrogeni. L’intervallo esistente tra il picco di LH e la rottura del follicolo, con l’ovulazione, è di circa 34-39 ore, per cui la maggior parte delle donne ovula tra le ore 12 e le ore 19.
La frequenza giornaliera del picco preovulatorio di LH non è costante nelle varie stagioni, e soprattutto durante la primavera, non è strettamente relegato alle ore notturne (9). In questa stagione un secondo picco di frequenza del picco preovulatorio di LH si evidenzia alle ore 15. La conseguenza di questa frammentazione nell’orario del picco preovulatorio di LH, è la frammentazione nell’orario dell’ovulazione, che non è più relegata alle ore pomeridiane.
Dopo l’ovulazione parecchie funzioni biologiche ed endocrine della donna mostrano un ritmo circadiano attenuato. Ad esempio l’andamento circadiano della secrezione di gonadotropine risulta essere meno evidente. In questa fase del ciclo mestruale anche l’azione della melatonina su diverse funzioni biologiche risulta essere attenuata. In particolare, durante la fase luteale la melatonina non è in grado di modificare la secrezione spontanea di LH (10) (Fig. 3) e di amplificare la risposta dell’ipofisi al GnRH (7) (Fig. 4). Tuttavia, non tutte le funzioni riproduttive della melatonina sono esaurite. Recettori per la melatonina sono presenti nelle cellule della granulosa degli esseri umani. L’aggiunta di melatonina in vitro a cellule della granulosa luteinizzate di ratto aumenta la produzione di progesterone e aumenta la risposta di estradiolo e progesterone alla somministrazione di LH. Uno stimolo della melatonina, sulla produzione del progesterone, è stata anche osservata nelle scimmie nei bovini e negli esseri umani (11). In particolare nella specie umana la melatonina stimola la produzione di progesterone ma non di estradiolo da parte delle cellule della granulosa preovulatorie e promuove la produzione sia basale sia indotta dall’hCG di progesterone da parte del corpo luteo.
Riassumendo, tutti gli studi finora riportati sembrano indicare che la melatonina sia coinvolta nel favorire l’aumento del progesterone durante il picco preovulatorio delle gonadotropine e nel mantenere la produzione di progesterone da parte del corpo luteo. Nella specie umana la melatonina potrebbe pertanto influenzare il sistema riproduttivo attraverso due distinte azioni. L’una esercitata a livello centrale attraverso lo stimolo all’LH durante la notte e la sincronizzazione del picco di LH nelle ore notturne con la comparsa dell’ovulazione nelle ore diurne. L’altro attraverso il sostegno e lo stimolo alla produzione di progesterone durante la fase luteale del ciclo mestruale. Entrambe le azioni sarebbero maggiormente evidenti nella fase autunnale-invernale del corto fotoperiodo, che rappresenta anche quella caratterizzata dalla massima capacità riproduttiva (vedi capitoli successivi).
Riproduzione Maschile
E’possibile supporre che la sincronizzazione del picco ovulatorio e conseguentemente dell’ovulazione ad una specifica ora del giorno fornisca dei vantaggi riproduttivi. Uno dei vantaggi potrebbe essere quello di sincronizzare l’ovulazione alla massima capacità riproduttiva del liquido seminale maschile. Questa possibilità è stata valutata in un nostro recente studio (12) in cui sono stati arruolati tra Ottobre e Gennaio 54 soggetti maschi tra quelli afferenti al servizio di infertilità della clinica. Di questi, 24 individui erano normospermici e 30 oligo-astenozoospermici. Tutti gli individui hanno raccolto il liquido seminale due volte nell’arco di 10 giorni, una volta al mattino (7-7.30) ed una volta alla sera (17-17.30), dopo un identico periodo di astinenza sessuale (circa 45 ore). Il PH, la viscosità e l’agglutinazione del liquido seminale sono risultati simili nei campioni raccolti la mattina e al pomeriggio. Dei 54 soggetti, 42 hanno però mostrato un più alto numero di spermatozoi ed una concentrazione maggiore di spermatozoi nei campioni del pomeriggio, indipendentemente dal fatto se fossero normospermici o oligo-astenospermici. Di media i campioni raccolti alla sera avevano circa 35 milioni di spermatozoi in più per campione, ed un maggiore numero di spermatozoi rapidamente progressivi. Anche dopo capacitazione, il numero degli spermatozoi rapidamente progressivi era ancora significativamente maggiore nei campioni del pomeriggio rispetto a quelli della mattina. Poiché la spermatogenesi è un lungo processo non è verosimile che la variazione giornaliera della qualità del seme possa derivare da variazioni giornaliere nella produzione e maturazione degli spermatozoi. E’ più verosimile che, variazioni di sistemi coinvolti nell’eiaculazione possano avere determinato una maggiore concentrazione di spermatozoi nel liquido seminale nelle ore pomeridiane. Tuttavia, non solo il numero di spermatozoi, ma anche la loro motilità ha dimostrato avere un ritmo giornaliero con un miglioramento nelle ore pomeridiano/serali. Queste variazioni potrebbero invece derivare dall’influenza esercitata sugli spermatozoi da componenti contenuti nel liquido seminale che esercitino la loro azione in maniera circadiana, come ormoni, citochine, nutrienti, aminoacidi, elettroliti e sostanze non ancora identificate derivanti dal sangue o prodotte localmente. E’ interessante notare che, la melatonina entra facilmente nel liquido seminale e che può legarsi ai recettori specifici sugli spermatozoi dove sembra ridurne la motilità (13). Un lungo wash-out dall’azione della melatonina, come si ha nelle ore del tardo pomeriggio potrebbe pertanto essere uno dei meccanismi implicati nella maggiore mobilità degli spermatozoi osservata nei campioni pomeridiani. Benchè nessun parametro sia considerato predittivo per il successo della fertilizzazione, la concentrazione del numero degli spermatozoi rapidamente progressivi è importante per definire la qualità del liquido seminale. Una bassa concentrazione di spermatozoi è associata ad un’aumentata difficoltà ad avere una gravidanza, sia con rapporti spontanei che tramite inseminazione intrauterina, e spesso richiede il passaggio all’utilizzo di costose tecniche di riproduzione assistita. Una maggiore concentrazione di spermatozoi, e soprattutto della loro componente ad elevata motilità progressiva, suggerisce pertanto una maggiore probabilità di successo riproduttivo, ottenibile con un liquido seminale eiaculato nel pomeriggio rispetto la mattina. La finalità riproduttiva di un’aumentata concentrazione di spermatozoi nel liquido seminale del pomeriggio non è chiara, se si considera che dopo la deposizione dello sperma in vagina, gli spermatozoi sopravvivono nella cervice e nelle tube e possono quindi essere fecondanti per circa 48 ore. Tuttavia, occorre considerare che in soli 5 minuti (14) dalla deposizione in vagina, i primi spermatozoi arrivano negli ovidotti e che dopo la capacitazione, che richiede circa 1 ora, possono già essere in grado di fertilizzare l’ovocita. Una maggiore concentrazione di spermatozoi all’interno delle tube al momento di massima frequenza dell’ovulazione potrebbe pertanto rappresentare un notevole vantaggio per l’ottenimento di concepimenti spontanei. Per questo motivo le ore pomeridiane dove esiste un sincronismo tra ovulazione e capacità riproduttiva seminale potrebbero rappresentare il momento giornaliero di massima fecondità. Il sincronismo tra la massima capacità riproduttiva femminile e maschile nelle ore serali, presente in alcune stagioni ma non in altre, potrebbe inoltre essere uno dei meccanismi alla base delle variazioni stagionali nella capacità riproduttiva della specie umana.

Stagionalità della riproduzione.
Tutte le specie animali, compreso l’uomo, tendono a riprodursi in quei periodi dell’anno che garantiscono un maggiore successo riproduttivo per quella determinata specie. Poiché ogni singola specie ha esigenze diverse, non esiste una stagione ideale per la riproduzione, ma, per le differenti specie animali, le migliori condizioni riproduttive possono essere presenti in stagioni diverse. Il meccanismo, che sincronizza la riproduzione delle specie alle varie stagioni, è caratterizzato dalla possibilità che alcune modificazioni ambientali siano percepite e siano in grado di sincronizzare l’attività riproduttiva. L’ambiente influenza i sistemi riproduttivi animali essenzialmente attraverso modificazioni della temperatura ambientale e del fotoperiodo. Modificazioni del fotoperiodo inducono modificazioni della secrezione di melatonina simili in ogni specie. L’effetto delle stesse modificazioni della melatonina indotte dal fotoperiodo è letta però in senso opposto dal sistema riproduttivo di due specie che hanno una riproduzione stagionale opposta (3) (Fig. 2). Un aumento della durata della secrezione notturna di melatonina inibisce pertanto l’ovulazione in specie che hanno una riproduzione estiva, come alcuni roditori, ma attiva l’asse riproduttivo in specie che hanno una riproduzione invernale come le pecore.
La specie umana non ha una riproduzione strettamente stagionale, ma malgrado questo presenta stagioni in cui la capacità riproduttiva è ridotta e stagioni in cui è aumentata. Le prime evidenze di un andamento stagionale della riproduzione umana sono state spiegate supponendo dei fattori d’ interferenza piuttosto che una vera ritmicità stagionale. Cioè si è ipotizzato che variazioni della fecondità osservate in varie popolazioni dipendessero da fattori sociali, culturali e religiosi che potevano avere un’influenza sulla frequenza dei rapporti sessuali, sulla frequenza dei matrimoni e sulla decisione o meno di avere una gravidanza. Tutte queste ipotesi sono state smentite da numerosi studi, e soprattutto dalle evidenze che una variazione stagionale della fecondità è presente anche nelle fecondazioni in vitro (15). Inoltre, studi eseguiti su scala mondiale, che hanno incluso quindi popoli di diversa etnia, religione, cultura e struttura sociale hanno evidenziato che la riproduzione stagionale della specie umana è un fenomeno presente in tutto il mondo. L’andamento stagionale risponde a due fenomeni atmosferici: la temperatura e il fotoperiodo (16). La massima attività riproduttiva è localizzata in quel periodo, in cui la temperatura media esterna di 12 °C coincide con un fotoperiodo di 12 ore. L’allontanamento da questa condizione ideale induce un progressivo peggioramento della capacità riproduttiva. Sulla base di questi studi, è stato osservato che la riproduzione spesso presenta due picchi in corrispondenza dei due equinozi (primaverile e autunnale), o che si localizza primariamente attorno ad uno dei due equinozi. La localizzazione del massimo riproduttivo attorno ad uno dei due equinozi dipende dalla latitudine in cui vive la popolazione studiata. In Italia per esempio, il ritmo dei concepimenti mostra un massimo all’equinozio autunnale ed un minimo all’equinozio primaverile (17) (Fig. 5). L‘oscillazione stagionale della capacità riproduttiva, è massima quanto più ci si allontana dall’equatore, ed è maggiore in regioni rurali ove gli individui sono maggiormente esposti all’influsso dell’ambiente. Negli animali, la variazione del segnale “melatonina” rappresenta il principale meccanismo attraverso cui il fotoperiodo invia le sue informazioni al sistema riproduttivo. E’ possibile che questo avvenga anche nella specie umana. Infatti, la modulazione che la melatonina esercita sull’asse riproduttivo della specie umana durante la fase follicolare o luteale del ciclo mestruale può indurre effetti diversi a seconda della lunghezza dell’esposizione. Per esempio, un breve stimolo all’LH durante un breve periodo notturno, può essere insufficiente a favorire una buona maturazione follicolare, uno stimolo di circa 12 ore, può essere adeguato a favorire un buono sviluppo follicolare e viceversa, uno stimolo prolungato può essere eccessivo e indurre un quadro di anovularietà (tipo PCOS). In effetti, in regioni con un ritmo stagionale molto accentuato come le regioni artiche, la qualità dell’ovulazione è alterata nella stagione della lunga notte invernale e questa alterazione si associa ad una elevazione dei livelli di LH (18).
Anche il seme maschile può andare incontro a modificazioni stagionali. Esistono, infatti, evidenze che mostrano come liquido seminale subisca una brusca riduzione di qualità nelle stagioni estive (19). La perdita del sincronismo giornaliero tra massima capacità riproduttiva femminile e maschile può rappresentare un ulteriore meccanismo di modulazione stagionale della riproduzione. In effetti, nella stagione primaverile è perso quel meccanismo che sincronizza il picco di LH alle ore notturne e l’ovulazione quindi alle ore pomeridiane (9). L’ovulazione avviene in maniera molto più frammentata durante l’arco della giornata e quindi, probabilmente non sincronizzata alla massima capacità riproduttiva del liquido seminale.
Se la fertilità ha un andamento stagionale è possibile che anche l’esito della gravidanza subisca delle modificazioni legate alle stagioni. In una nostra indagine (20) abbiamo preso in considerazione 15639 gravidanze terminate poi con la nascita di un neonato, con un’interruzione volontaria di gravidanza, con un’aborto o con una gravidanza extrauterina. La percentuale delle gravidanze ectopiche e degli aborti spontanei è stata calcolata, sia sul numero totale delle gravidanze, che sul numero delle gravidanze terminate con la nascita di un neonato.
Stagionalità Dell’Aborto Spontaneo
Il numero degli aborti spontanei non ha mostrato una variazione stagionale significativa (20). Tuttavia, il dato sull’aborto spontaneo è poco attendibile in quanto molti aborti possono avvenire in periodi così precoci da esseri confusi con mestruazioni spontanee senza che neanche la madre sia a conoscenza della gravidanza.
Stagionalità Della Gravidanza Ectopica.
Le gravidanze extrauterine hanno mostrato un chiaro andamento stagionale con variazioni da minimi di 0,6% a massimi di 1,1% (20). L’andamento stagionale è risultato essere caratterizzato da due picchi d’incidenza distanziati di 6 mesi l’uno dall’altro ed esattamente coincidenti con le fasi di transizione tra la fase stagionale a massima capacità riproduttiva a quella a minima capacità riproduttiva e viceversa (Fig. 6). I due minimi d’incidenza delle gravidanze ectopiche coincidono invece con l’apice e con il minimo della capacità riproduttiva stagionale. E’ noto che la gravidanza ectopica, è molto spesso una conseguenza di un’alterazione della funzionalità delle salpingi su base anatomica o funzionale. Nell’ambito delle alterazioni funzionali sono probabilmente da annoverarsi alterazioni della motilità legate a disendocrinie caratterizzate da un alterato rapporto tra estrogeni (favorenti contrazioni frequenti e a bassa intensità) e progesterone (favorente contrazioni a maggiore intensità e a bassa frequenza). La maggiore incidenza di gravidanze ectopiche associata all’invecchiamento è probabilmente da ascriversi a questo tipo di alterazione (20). Allo stesso meccanismo è probabilmente ascrivibile il ritmo stagionale delle gravidanze ectopiche. In effetti questa osservazione sembra supportare la teoria che i periodi di transizione tra bassa ed alta fecondità, e viceversa, siano caratterizzati da riarrangiamenti riproduttivi con conseguenti malfunzionamenti degli stessi. E’ possibile pertanto che nelle fasi di transizione riproduttiva si instauri un’alterata maturazione del follicolo e dell’ovocita che si ripercuote in un malfunzionamento delle strutture influenzate dagli steroidi sessuali e nel caso specifico della motilità tubarica, che inducendo un alterato transito dell’embrione ne favorisce con maggiore frequenza l’impianto in sede ectopica.
Stagionalità Dell’Interruzione Volontaria Di Gravidanza.
Un andamento stagionale è stato osservato anche nelle interruzioni volontarie di gravidanza (21). L’aborto volontario permette l’interruzione di una gravidanza indesiderata soprattutto sulla base di motivazioni che riguardano l’integrità fisica e psicologica della donna. La frequenza della decisione di interrompere volontariamente la gravidanza, espressa come la percentuale al terzo mese di gestazione di aborto volontario rispetto al totale delle gravidanze vitali (aborti+nascite), ha mostrato di possedere un chiaro ritmo stagionale(Fig. 7). Il ritmo, valutato su base nazionale ha un’oscillazione annuale con un valore medio di 19,2 aborti volontari su 100 gravidanze vitali edun’ampiezza di 6,1%. I valori massimi dell’oscillazione erano raggiunti in Maggio. L’analisi statistica ha permesso la selezione di due periodi di tre mesi, uno con una percentuale massima d’ interruzioni volontarie di gravidanza (Aprile-Giugno) e uno con una frequenza minima (Ottobre-Dicembre). Il ritmo dell’interruzione volontaria di gravidanza è risultato essere indipendente dall’andamento stagionale dei concepimenti. E’ interessante notare che il picco d’interruzioni a Maggio indica un picco di interruzioni di gravidanze concepite a Marzo, ovverosia nel momento di minima capacità riproduttiva della nostra specie. I concepimenti in questa fase dell’anno pertanto non solo sono i più difficoltosi, ma sono anche associati ad una loro minore accettazione. Di conseguenza la decisione di interrompere una gravidanza sembra seguire un andamento stagionale che è indipendente dal numero dei concepimenti e degli aborti spontanei precoci, ma dipendente dalla scelta operata dalla donna di accettare, o meno, il concepito. Diverse linee d’evidenza indicano l’esistenza di andamenti stagionali del tono dell’umore e del comportamento umano. Benché lo stato depressivo che si manifesta durante l’inverno rappresenti la forma classica di disordine affettivo stagionale, la depressione maggiore ha un andamento ritmico che raggiunge il suo massimo nella tarda primavera. In effetti, la frequenza dei suicidi sia nelle donne che negli uomini possiede un ritmo sinusoidale con un periodo di 12 mesi e valori massimi in Giugno (Fig. 7). Poiché l’andamento ritmico delle interruzioni volontarie di gravidanza e dei suicidi femminili risulta per lo più sovrapponibile, sembra plausibile l’ipotesi che ci sia una stretta correlazione tra i due. E’ possibile che modificazioni stagionali dei neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale possano rendere le donne più fragili a pressioni di tipo economico, relazionale o familiare. E’ possibile che questo, in individui particolarmente fragili possa indurre una maggiore frequenza di suicidi, ed in una situazione di gravidanza non desiderata, possa giocare un ruolo importante nel determinismo della sua interruzione.

Variazioni Giornaliere E Stagionali Del Travaglio Di Parto E Del Parto.
Ritmo Circadiano
Come accade per la maggior parte delle funzioni biologiche negli animali e negli esseri umani l’inizio del travglio mostra un ritmo giornaliero con una frequenza maggiore durante la notte. Nelle femmine di primati non umani questo ritmo riflette il ritmo endogeno dell’azione contrattile del miometrio che è una conseguenza sia dell’aumento dei livelli circolanti di ossitocina, che della sensibilità del miometrio all’ossitiocina (22). I dati sugli esseri umani sono scarsi ma anche nelle donne è stato documentato un aumento notturno dell’attività contrattile del miometrio. Nei primati non umani le manipolazioni sperimentali del fotoperiodo possono influenzare l’espressione di questi ritmi giornalieri e quindi influenzare anche il momento dell’inizio del travaglio di parto (23). Modificazioni del fotoperiodo che si associano alle variazioni stagionali potrebbero pertanto influenzare l’insorgenza del travaglio di parto anche nella specie umana. In un nostro studio sono stati presi in considerazione la data e l’ora del parto di parti eutocici, non medicalizzati a termine (24). E’ stata poi stabilita l’ora d’inizio del travaglio in base al riscontro alla visita di un collo non posteriore, quasi scomparso con dilatazione di 2cm ed in presenza di contrazioni uterina regolari (circa 3 ogni 10 minuti). L’inizio del travaglio di parto, così definito, possiede un andamento ritmico giornaliero, con due fasi di massimo localizzate una alle 22 ed una alle 9. L’andamento ritmico è più evidente nelle nullipare che nelle multipare. Anche il momento del parto ha mostrato un ritmo giornaliero caratterizzato da due picchi. Il picco di maggiore frequenza dei parti è localizzato alle ore 12, con un picco minore all’ora 1 di notte. Anche in questo caso il ritmo è maggiormente evidente nelle nullipare. Nelle nullipare analizzate per proprio conto il ritmo mostra infatti, una ampia oscillazione e l’esistenza di un solo picco di incidenza localizzato alle 14. Sia nelle nullipare che nelle multipare non è stata riscontrata l’esistenza di alcun ritmo giornaliero nella lunghezza del travaglio in dipendenza dell’ora di inizio dello stesso.

Influenza delle Stagioni
La ritmicità giornaliera sia dell’inizio del travaglio che del momento del parto è modulata dalle stagioni, soprattutto nelle nullipare (24). In maniera simile a quanto accade per la secrezione notturna di melatonina, il cui inizio e termine si avvicinano nel lungo fotoperiodo estivo, e viceversa si allontanano nel corto fotoperiodo invernale, anche i picchi dell’inizio del travaglio si avvicinano nel periodo estivo e si allontanano nel periodo invernale (Fig. 8). Anche il ritmo giornaliero dei parti è risultato essere fortemente influenzato dalle stagioni (Fig. 9). Nelle nullipare in tutte le stagioni tranne in primavera il ritmo è caratterizzato da un unico picco giornaliero la cui fase cambia a seconda della stagione. In inverno il periodo di massima incidenza del parto è localizzato alle ore 17 e si sposta alle ore 13 in estate, con valori intermedi in autunno. Soltanto in primavera il ritmo è frammentato e caratterizzato da due picchi minori. Nelle multipare il ritmo giornaliero dei parti è evidente solo in inverno con un ritmo caratterizzato da picchi minori.
E’ evidente quindi che anche il travaglio di parto ed il parto seguono una ritmicità giornaliera modulata dalle stagioni, e che questa ritmicità è più importante per le donne che non si sono mai riprodotte rispetto a quelle che invece hanno già avuto la possibilità di avere figli.

Conclusioni
Dall’analisi della funzione riproduttiva emerge l’importante, e spesso misconosciuto, ruolo che fattori di regolazione giornalieri e stagionali esercitano sulla riproduzione animale e umana. L’industrializzazione ha ridotto ma non abolito l’influenza de fattori ambientali sulla nostra specie, che, benché non abbia una stretta riproduzione stagionale, mostra in tutte le sue fasi, una chiara modulazione da parte di fattori esterni. E’ importante per coloro che si avvicinano alla donna in tutte le fasi della sua vita riproduttiva, essere a conoscenza di questi meccanismi, per dare una giusta chiave interpretativa a fenomeni che sembrano casuali, e per sfruttare al massimo i vantaggi riproduttivi forniti dalle ritmicità giornaliere e stagionali.





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(*)Dipartimento Misto Materno-Infantile, Ginecologia e Ostetricia Policlinico di Modena e.mailcagnacci@unimore.it